Dal serramento al mobile, dalla torneria al centro di lavoro a controllo numericoil passo (non) è breve, ma richiede investimenti, impegno e voglia di rischiare. Questa l’esperienza della Fapil: l’obiettivo è competere su un mercato sospeso fra nuove esigenze e crisi economica. Da Brembilla a Zogno, nel Bergamasco. Dalla produzione dell’utensile per torneria, (con una grande passione per la meccanica) a quelli per le macchine da linea e i centri di lavoro a con trollo numerico. La storia della Fapil, azienda fondata da Francesco Pesenti e oggi guidata dai figli Giuseppe, Giampaolo e Sara Pesenti, inizia nel 1959 nel cuore della produzione artigianale della provincia di Bergamo e oggi è fra gli interlocutori di primo piano dell’ utensile “made in Italy” per la lavorazione del legno. Dai primi anni Ottanta parte il primo grande processo di riorganizzazione interna e riconversione produttiva, culminato con il trasferimento nell’attuale stabilimento di Zogno: la Fapil oggi produce utensili per fresatrici a controllo numerico, forte anche di una storica collaborazione con la “compaesana” Cms, una delle aziende di punta nella progettazione e costruzione di centri di lavoro. Nel corso degli anni ha sviluppato anche un’ampia gamma di prodotti standard per la fresatura e foratura, disponibili a magazzino, oltre a utensili speciali per rispondere ai bisogni del cliente nelle diverse fasi di contornatura, sagomatura e fresatura su macchine tradizionali e in linea. Dal serramento al mobile. Agli inizi del Duemila il nuovo salto in avanti con la messa a punto della rete di vendita e il rinnovamento dei prodotti, grazie anche a nuovi investimenti in tecnologie in particolare per la produzione di coltelli, frese integrali, corpi per la fresatura, senza abbandonare il settore della tornitura. Con una decina di dipendenti e un export che porta all’estero il 60 per cento della produzione, la Fapil continua a guardare avanti e a rispondere alle continue evoluzioni della domanda. Ne abbiamo parlato con Giampaolo Pesenti. “Nuovi utensili per nuove tecnologie” potrebbe essere il riassunto della vostra storia. Oggi su cosa punta la produzione? “Ci concentriamo in particolare sulla lavorazione dell’ utensile speciale, in quanto pensiamo che sia necessario essere sempre pronti a proporre soluzioni innovative e utensili “just in time”. riducendo i tempi di produzione anche per gli speciali, garantendo una consegna rapida. La crisi ha acuito ulteriormente questa tendenza, anche perché oggi si acquistano utensili e attrezzature, ma anche macchine, quando la commessa è acquisita e il lavoro si deve fare il più presto possibile. Noi cerchiamo di fare la nostra parte...”. Siete diventati un po’ una sartoria dell’utensile... “La progettazione in 3D ci permette di interfacciarci completamente con le macchine. Abbiamo riorganizzato tutto il sistema, rilevando i tempi e i costi di lavorazione, una vera e propria ingegnerizzazione, si mi passa la definizione, della gestione dei nostri processi. Per una realtà piccola come la nostra questo è stato un passo importante e che stiamo ancora affinando; abbiamo anche promosso progetti di ricerca e sviluppo sulla riorganizzazione aziendale, sullo sviluppo di tipologie di prodotto e su quello di nicchie di mercato, come nel caso delle travi o dei calci di fucile, prestando la massima attenzione a quegli ambiti che, per quanto piccoli, possono dare buone soddisfazioni. E questo significa non pensare solo al marketing, ma individuare soluzioni specifiche per il cliente o il produttore di macchine, sia in Italia che all’estero”. Parliamo di produzione, di gamma, di specializzazione... “Offriamo una gamma piuttosto articolata di soluzioni, anche se la nostra specialità restano le frese per i centri di lavoro, a cui si affiancano le frese per la produzione del serramento. La tecnologia è sempre al centro del nostro fare impresa: stiamo proseguendo sulla strada tracciata da mio padre e all’ultima Xylexpo abbiamo iniziato a proporre gli utensili ricoperti con vapori di diamante, una novità che aumenta la resistenza all’usura collocandola poco sotto la resistenza del diamante stesso. Questo tipo di lavorazione sta dando ottimi risultati nel pannello, con buone performance e livelli di finitura molto alti. Dopo avere effettuato alcuni importanti test con nostri clienti nel Regno Unito stiamo ora proponendo questo tipo di utensili, oltre che per il legno, anche per i materiali plastici. Un’altra nicchia che ci vede molto attivi è la modellazione, rivolta in particolare al settore della green economy. Produciamo utensili per lavorare pale eoliche da 40 metri di lunghezza in un pezzo unico e con formatura unica, con importanti clienti anche in Cina. Siamo entrati anche nelle produzioni navali, dove Cms – che utilizza nostri utensili – è un partner forte e strategico per riuscire a cogliere nuove nicchie di mercato”. Con Cms avete un rapporto storico, ancora oggi particolarmente forte e che va al di là della vicinanza delle vostre due unità produttive... “Diciamo che insieme è più semplice fare innovazione, trovare risposte a quei problemi che si presentano e per i quali non c’è una risposta standard. Questo permette a entrambi di cogliere l’opportunità di proporre nuove soluzioni e approfondire nuove possibilità. Mi lasci aggiungere che la produzione di massa è finita da molti anni: i grandi numeri non ci sono più e si lavora per produzioni molto frammentate, per finiture particolari. Noi continuiamo a puntare sullo “speciale”, sul “su misura”, mettendo a punto la soluzione migliore anche con l’acquisizione diretta del cliente, senza mediatori”. Come è cambiato l’utensile negli ultimi vent’anni? “Le performance sono migliorate, ma il contesto non ha purtroppo seguito l’evoluzione. Il fenomeno più vistoso, dal nostro punto di vista, riguarda la riduzione dei margini d’azienda, malgrado l’impegno all’innovazione. Il mondo del legno non attribuisce ancora oggi un valore apprezzabile all’utensile, a differenza della meccanica, e forse questo atteggiamento è dovuto anche alla nostra mancanza di una cultura imprenditoriale di settore più forte. Oltre ad avere sempre sofferto di limiti economici e finanziari legati alla liquidità, facciamo i conti anche con le piccole dimensioni di impresa e con la carenza di organizzazione commerciale, un aspetto che ha pesato meno – a dire il vero – sull’utensile speciale rispetto alla produzione in grandi numeri, che risente maggiormente della concorrenza cinese. I problemi non mancano, primi fra tutti proprio l’incapacità di sensibilizzare l’utilizzatore sul valore dell’utensile di qualità e la generale mancanza di capacità organizzativa a livello economico e di vendita”. Le prossime sfide? “Stiamo lavorando su altre nicchie di mercato e su nuove applicazioni. Abbiamo una lunga storia negli utensili per i centri di lavoro che stiamo cercando di rendere più appetibili commercialmente e lavorando “fuori dal legno”. Dobbiamo anche affrontare la perdita di peso della nostra capacità industriale nazionale, a cui si aggiunge una visione sempre meno positiva dei nostri potenziali clienti stranieri. Senza dimenticare che dobbiamo fare i conti con costi, a cominciare dalle materie prime, che limitano la nostra competitività sul mercato globale. Una risposta ci sarebbe, ovvero pensare un po’ di più alla possibilità di lavorare insieme, di creare dei consorzi fra produttori di utensili che permettano a ciascuno di esprimere la propria vocazione, la propria specificità. Su un progetto serio, fra persone serie, si potrebbe ragionare...”. (da Xylon Gennaio-Febbraio . I commenti sono chiusi.
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Giugno 2024
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